L’attesa se ne stava lì, tra le ore, al posto mio. Io intanto mi sbrigavo a fare cose, a vivere brevi momenti, ad avere l’affanno, a non entrare nel vivo di me, sconnessa da tutto e spesso in una condizione di anima in superficie, pronta a sbrigarsi per tornare lì, nell’attesa, ad aspettare, dentro di lei, neanche io so bene cosa. Sì, ho sempre creduto di aver perso tanto tempo di questa vita, vivendo in un costante e tanto fragile frattempo.
In quel frattempo, intanto, che da pensiero fisso in perenne corsa scappava, ho iniziato a sentire il sapore di questo cielo di ghiaccio e di tutti gli angoli affilati delle parole, ancora non capaci di fermarsi ogni volta che il sole partiva. Piano piano ho imparato a sentire anche un po’ di resto. Quel resto che nel quotidiano ancora mi ascoltava, frenava la caduta della fretta, cercava di cogliere i miei momenti di smarrimento distraendoli, colorandone i bordi a piacere.
Ho iniziato a trovare dramma e poesia in questo frattempo allargato. A trovare il mio spazio e un senso in continuo mutamento; a trovare un piccolo recinto morbido, un pavimento ordinato e tanti voglio e non voglio più; ho trovato cadute rovinose e cure tanto delicate, in questo mio frattempo e, ancora oggi, ci trovo le mie mani, i miei tentativi, i miei sbagli, i miei privilegi, le mie conquiste, il mio essere capita a modo degli altri e ancora troppo poco a modo mio.
È così che, nel frattempo, ho iniziato a capire che non ho mai perso proprio tutto di questo tempo… Quanto spazio c’è in questo frattempo! Ognuno credo abbia il suo. Il tempo, quello grande e senza troppo bordo, intanto, lontano da tutti i frattempo, ha continuato – e continua- a scorrere da solo, un poco più in là.
mi è sempre piaciuto come scrivi oggi ritornando dopo tempo ancora di più
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